L’estate mi ha dato l’occasione di scoprire la Grecia e in particolare la città di Atene.

La mia immaginazione mi aveva già portata in questo posto meraviglioso, stimolata dalle letture di mitologia greca e dallo studio scolastico della storia dell’antica Grecia, ma, come spesso accade, la realtà ha superato tutto quello che mi ero immaginata. Atene non è in nessun modo un museo a cielo aperto, o peggio, un parco d’attrazione per i turisti di tutto il mondo. Atene è una città in cui il passato e il presente, i miti e la realtà, la storia e l’attualità, l’occidente e l’oriente, ma soprattutto la politica e la popolazione s’incontrano e s’intrecciano lungo le stradine della città antica e sui viali della città moderna. La ricchezza architettonica e archeologica è semplicemente mozzafiato e basta poco tempo per capire quanto dobbiamo, in tutti gli ambiti, agli antichi greci.

Ovviamente la mia attenzione è stata catalizzata dall’aspetto politico.

Scoprire, anche fisicamente, le radici della democrazia negli scavi dell’Agora è stata un’esperienza unica, ma questo me l’aspettavo. Ciò che non mi aspettavo invece è l’onnipresenza delle cicatrici legate alle difficoltà economiche, alle proteste popolari e ai movimenti sociali degli ultimi anni: edifici pubblici abbandonati e migliaia di graffiti raccontano l’ultimo decennio ateniese.

Quasi ovunque si legge il profondo malessere della popolazione, la sua rivolta contro lo stato e le istituzioni europee e quasi ovunque si sente il suo appello diretto al resto del mondo. Dati di bilancio dei conti pubblici falsificati dai precedenti governi con l’obiettivo di entrare a tutti i costi nell’Euro, declassamento da parte delle agenzie di rating internazionali, consecutivo piano di austerità, tagli e privatizzazioni hanno condotto all’esplosione del tasso di disoccupazione, ad un’emigrazione massiva e a movimenti sociali a ripetizione. Ma più che altro hanno sviluppato un forte sentimento antipolitico in seno alla popolazione.

Una domanda sorge dunque spontanea: anche gli eredi diretti degli inventori della democrazia possono rigettare la politica, ribellarsi contro i politici che loro stessi hanno eletto e contro le scelte che loro stessi hanno fatto?

Certo, la democrazia è stata una delle “invenzioni” determinanti per il benessere dell’umanità, ma quando il potere del popolo si limita ad eleggere dei rappresentanti e che tali rappresentanti non sono degni di fiducia, non solo la democrazia non risolve i problemi di una società ma rischia piuttosto di aggravarli.

Numerosi sono i casi, sia passati che presenti, in cui un regime politico democraticamente eletto ha portato il suo paese al caos, alla rovina eppure all’ignominia: perché? Perché megalomania, incompetenza, disonestà e follia possono nascondersi dietro una figura insospettabile.

Noi abbiamo la fortuna di vivere in un paese di cui la stabilità politica è riconosciuta in tutto il mondo, ed è considerata un fattore chiave della crescita economica e sociale. Questo perché il nostro modello di democrazia è proprio vicino ai principi filosofici della democrazia ateniese: non abbiamo solo le elezioni: non ci accontentiamo di eleggere dei rappresentanti; ma abbiamo anche le votazioni: l’esercizio della democrazia diretta ci permette di presentare iniziative popolari e di partecipare alle decisioni politiche. Inoltre, le nostre figure politiche vivono con noi, tra noi, in mezzo a noi e non in una torre d’avorio: le conosciamo nel loro quotidiano.

Incontrare un Consigliere Federale in città è tanto normale per noi, quanto impensabile in tantissimi altri paesi.

Finché riusciremo a proteggere questo modo di fare politica, il nostro paese rimarrà un luogo di coesione, un luogo di libertà, un luogo d’innovazionee quindi di crescita economica e sociale.

Quest’estate prima delle elezioni di aprile e questa vacanza mi hanno permesso di riflettere su quanto sia importante per un politico, al di là del senso del dovere e delle responsabilità, la sincerità, l’altruismo, e l’umiltà.

Accanto a tutto ciò è fondamentale non dimenticarsi mai che essere un politico è innanzitutto essere un cittadino e che i rapporti tra l’uno e l’altro non devono mai essere interrotti: Atene, quella antica e soprattutto quella moderna, ce lo insegna. Questo insegnamento mi ha rafforzato nella mia vocazione e lo porterò con me durante le prossime tappe della mia carriera.